Vi ricordate della svolta epocale di cui parlammo nell’ultimo articolo? L’avvento delle cementine e delle graniglie decorate ha apportato grandi cambiamenti al mondo dell’edilizia e, oggi, il recupero e il restauro di pavimenti di questo tipo sta avendo un nuova storia. Come professionisti del settore, il nostro compito è quello di trasformare per restituire fascino. Nei prossimi paragrafi illustreremo come effettuare un intervento di restauro di un pavimento in graniglia decorata con un recente lavoro di recupero effettuato a Roma.
Le tecniche principali di recupero di un pavimento in graniglia sono due: la microlevigatura e la levigatura. La prima consiste nella pulizia dello strato finale con la rimozione delle stratificazioni causate dallo sporco e dai trattamenti subiti. La seconda è la lucidatura. La particolarità di questa tecnica sta in un lavoro non invasivo che lascia la superficie inalterata nella sua struttura di posa, quindi i leggeri dislivelli tra una mattonella e l’altra rimangono, le fughe pulite vengono risigillate con l’utilizzo di malta cementizia neutra o colorata. La levigatura, invece, è un processo più invasivo e non sempre realizzabile. Il fattore che la determina è lo spessore dello strato nobile e il livello di posa. Per questa tecnica vengono utilizzati degli utensili diamantati con forte potere abrasivo in grado di livellare la superficie ed eliminare i dislivelli tra le mattonelle. Se nel primo caso la superficie viene “accarezzata”, in questo caso viene “spianata”.
Il livello di assorbenza di un pavimento in graniglia è, per sua natura, molto alto; una delle tecniche di saturazione dei pori, nel tempo, è stata la ceratura, ecco perché non è strano quando si interviene su pavimentazioni vecchie trovare un importante stratificazione di cere.
Oggi l’idea è quella di lasciare la superficie il più naturale possibile: l’utilizzo di prodotti stratificati che alterano sia al tatto che cromaticamente la superficie sono da evitare. Di fronte ad un pavimento centenario, fatte le operazioni sopra descritte, dobbiamo porci la questione di mantenere più inalterata possibile la superficie. L’intento è di rispettare la sua natura rendendola funzionale ai giorni nostri. L’utilizzo di prodotti consolidanti e idrorepellenti come il silicato di litio, per esempio, fa sì che in fase di restauro la superficie riacquisti la giusta durezza ed un grado valido di assorbenza.
Di recente siamo stati nella capitale per realizzare un importante lavoro di recupero pavimenti. L’intervento si è articolato in più fasi, vista la storicità dell’edificio. Parliamo di un palazzo progettato dall’architetto Busiri Vici e costruito tra gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso. Abbiamo seguito la filosofia del “rispetto”, cercando di mantenere inalterata la storia di questi pavimenti. La superficie presentava più strati di cera interposti a sporco e questo generava una patina che comprometteva la bellezza delle forme e dei colori. Abbiamo eseguito, all’interno, una microlevigatura con pad diamantati grana 60 e 120 per arrivare allo stato madre e chiudere lo stesso con pad 400 e 800. Abbiamo poi provveduto a “nutrire” il materiale con un preparato a base di cere naturali per tonalizzarlo, proteggerlo e donare brillantezza e durabilità. Altro intervento importante è stato fatto lungo le fughe tra una mattonella e l’altra; le abbiamo svuotate, pulite e stuccate con specifico formulato cementizio a colore.
Abbiamo scelto di rispettare sia la storia della superficie che i materiali originari e abbiamo utilizzato leganti cementizi con inerti naturali in marmo, evitando nel possibile materiali che si distaccassero dal concept iniziale.
La presenza sia a pavimento che a parete di superfici originali hanno generato in noi la sfida di rendere attuali e funzionali le aree da bagno. Per le pareti abbiamo identificato un sistema di stratificazioni epossicementizie con finiture poliuretaniche dallo spessore medio di 3 mm. Per i pavimenti, invece, abbiamo optato per un sistema autolivellante epossidico con spessore medio di 4 mm. Ecco il risultato finale.